Mad Detective
Una pistola scomparsa, usata per rapine ed uccisioni, ma appartenente ad un poliziotto.
Da qui partono le indagini che coinvolgono anche il “Mad detective” del titolo, capace di vedere i demoni interiori e per questo ritenuto pazzo, nel nuovo lungometraggio firmato dall’hongkonghese Johnny To (“Breaking news”) in coppia con Ka-Fai Wai (“Peace hotel”), insieme al quale già diresse, tra gli altri, “My left eye sees ghosts” (2002), “Love for all seasons” (2003) e “Turn left, turn right” (2003).
La genialità dell’operazione, quindi, s’individua facilmente già nello script, concepito a due mani dallo stesso Ka-Fai Wai in collaborazione con Kin Yee Au (“Eye in the sky”), all’interno di cui il classico intrigo noir di taglio orientale viene infarcito con elementi da cinema horror, ricordando in particolar modo “The sixth sense-Il sesto senso” (1999) di M. Night Shyamalan.
Infatti, lo psicotico personaggio protagonista non è molto distante da quelli ritratti in diversi lavori del giapponese Takeshi Kitano (si veda, per esempio, “Violent cop”), ma qui l’azione sembra quasi essere trasportata in un contesto fantastico dal sapore ultraterreno, permettendo ai solitamente astratti universi mentali di assumere, almeno nella finzione scenica, una forma concreta.
Quindi, niente double gun fight ed esagerati spargimenti di pallottole alla John Woo e Tsui Hark, al fine di favorire il ricorso ad atmosfere cupe (occhio alla fotografia di Siu-keung Cheng) ed inquietanti maschere atte ad infarcire sapientemente un folle incubo metropolitano che non avrebbe certo sfigurato tra le pagine di un fumetto underground di genere poliziesco.
Un incubo metropolitano confezionato con grande professionalità e nel corso del cui svolgimento le poche sequenze d’azione risultano distribuite nella giusta maniera, tanto che i circa novanta minuti di visione scorrono via velocemente, scanditi da un ritmo davvero notevole.
Pur dovendo rimproverare al tutto la poca chiarezza che caratterizza alcuni passaggi, la quale rischia di far apparire incomprensibile il significato totale dell’opera.

La frase: "Sono un essere umano…perché sarei diverso?".

Francesco Lomuscio

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