Il mercante di pietre
Renzo Martinelli è un regista ancorato alla realtà, prende spunto da temi di grande attualità e già in passato si è ispirato alla cronaca per realizzare i suoi film: "Vajont", "Porzus", "Piazza delle Cinque lune", sull'affare Moro.
Ora parla del tema scottante e attualissimo del terrorismo internazionale di matrice islamica e del nostro atteggiamento verso questo tipo di minaccia.
Come nei suoi film precedenti, però, Martinelli è più convincente in conferenza stampa che sullo schermo. L'indagine che il regista ha portato avanti per conoscere a fondo il problema del terrorismo islamico, le sue radici storiche, la presenza di cellule dormienti in occidente, la volontà di prendere tutti i dialoghi e i discorsi dei terroristi direttamente dalla realtà, senza inventare nulla, è un lavoro interessante e approfondito.
Peccato che di tanto studio nel film non rimanga nulla. Martinelli racconta malamente la storia di una coppia borghese coinvolta in un attentato terroristico. Entrambi sono scampati a due diversi attentati; il marito, Alceo, a Nairobi ha perso le gambe, la moglie, Leda, è uscita indenne da una sparatoria tra terroristi e agenti segreti. Per riprendersi da questa seconda tragedia vanno in vacanza in Cappadocia e qui le uniche persone che conoscono, manco a dirlo, sono terroristi... Già a questo punto capirete quanto la sceneggiatura sia inverosimile e ridondante, ma continuando si scopre che il mercante di pietre conosciuto in Cappadocia, un cattolico convertitosi alla causa di Bin Laden, ha seguito Leda a Roma, confessandosi innamorato. Lei, che fino ad un attimo prima professava eterno amore al marito, cade tra le sue braccia e lo segue ovunque. Ma anche il mercante si innamora e si converte alla religione dell'amore, anche se ormai è troppo tardi... Anche per noi!
Come dicevamo la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti, tutto è scontato e didascalico, a cosa serve mostrare per l'ennesima volta le immagini dell'attacco alle Twin Towers, solo perché si parla di terrorismo.
La messa in scena non è certo meglio, le scelte registiche sono prevedibili, i continui piani inclinati per creare un atmosfera ansiogena sono posizionati nei momenti sbagliati del racconto, i passaggi veloci tra la moschea di Roma e la cupola di San Pietro sono raccordi banali, i momenti che dovrebbero creare tensione sono confusi e pasticciati. Assente ogni partecipazione emotiva, il grande amore che dovrebbe legare il mercante di pietre e Leda si risolve con qualche scena di sesso.
I caratteri sono piatti e gli attore completamente atoni, anche Harvey Keitel, solitamente bravo, qui indossa la sua espressione più truce e non la cambia per l'intera durata della pellicola.
Insomma Martinelli ancora una volta parla di temi interessanti e attuali, ma lo fa talmente male che sarebbe stato meglio se avesse taciuto.

La frase: "Dev'essere un bel film, i critici l'hanno massacrato".

Elisa Giulidori

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