Four Brothers - Quattro Fratelli
Ci sono film cui non puoi resistere. Si tratta di quei film che sei abituato a masticare fin da quando sei bambino, film che un tempo piacevano a tuo padre e che quasi per osmosi, con gli anni, sono diventati anche per te quasi"indispensabili". Sono quei film dalle radici profonde, le cosiddette "storie virili" che se fino a quarant'anni fa erano i western, negli anni '70 e '80 divennero i polizieschi. Cambiava l'ambientazione, ma storie e significati erano gli stessi.

"Four brothers" è figlio di quelle storie. Bobby, Angel, Jeremiah e Jack sono quattro fratelli, dal passato ignoto, che ritornano a Detroit quando la loro madre adottiva viene assassinata in un supermarket. La città è dominata dalla delinquenza, e il tentativo di vendicare il genitore innescherà una cruenta guerra per le strade.

Duro al punto giusto, violento, ma senza eccedere. Non si parla di eroi senza macchia, in fin dei conti " non possono essere tutti santi" e così i nostri quattro protagonisti non si pongono troppi problemi se per raggiungere i propri obiettivi c'è da far scorrere il sangue.
A Detroit, la povertà è generale, è nelle strade. Si percepisce l'ombra dello shock subito dalla chiusura degli storici stabilimenti della Ford, e dove c'è crisi la criminalità ci mette poco tempo a farsi largo. Eppure la comunità è diffidente verso i quattro fratelli e li vede più come pericolo che come l'occasione per un cambiamento generale. Si tratta di una delle più classiche dinamiche del film western, dove i buoni ci mettono del tempo per conquistarsi la fiducia della gente, e solo dopo che diventa chiaro a tutti che loro sono "i buoni", si può cercare di sconfiggere "il cattivo" e i suoi scagnozzi.
Il leader, figura imprescindibile per il genere, è il fratello maggiore Bobby (Mark Wahberg). E' lui che prende le decisioni, lui che vive il bisogno di farsi giustizia da soli in maniera più intensa perché qualcuno ha osato toccargli la famiglia. Tanto impenetrabile quanto palesemente malinconico, Bobby è il John Wayne di Sentieri Selvaggi, colui che osserva i suoi affetti entrare in quella casa sulla destra, mentre in lontananza si scorge la direzione da cui è venuto, e che malinconicamente lo richiama. Ma, forse, i tempi sono cambiati, e percorrere quella strada non ha più senso. Ogni tanto ci si può anche fermare…
John Singleton già autore dell'interessante Boyz'n the hood, ricostruisce in "Four brothers" atmosfere troppo spesso dimenticate dal grande cinema, firmando un bellissimo film dal retrogusto nostalgico (così come lo è la stupenda colonna sonora) adatto comunque a quasi ogni tipo di pubblico. Uno dei migliori visti finora qui al Festival di Venezia dove il film è presentato fuori concorso.

La frase: "Non potremo rimandarlo indietro, ma gli porteremo un po' di compagnia"

Andrea D'Addio

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