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An Episode in the Life of an Iron Picker









Il conflitto tra individuo e società è sempre stato al centro dell’immaginario di molti autori: da Ken Loach, che ne fa spesso il centro della sua produzione artistica, ai Dardenne, portavoci di un cinema intimo e fortemente naturalistico.
Danis Tanovic decide di inserirsi in questo filone con un film radicale per estetica e narrazione: riducendo all’essenziale la trama e scegliendo di far recitare attori non professionisti, racconta "un episodio" nella vita di un operaio con un approccio naturalista già esplicito nella scelta del titolo.
Tanovic ci descrive un contesto, introduce i suoi personaggi, e scandisce l’azione secondo un procedere costante. Nessun orpello o sottotrama, soltanto un blocco compatto dove la vicenda e i suoi protagonisti sono un tutt’uno, e dove ogni caratterizzazione è volutamente abbozzata in favore di una visione d’insieme.
Quindi anche le immagini, spesso ricorrenti, di ciminiere e fabbriche sono elementi essenziali al racconto e rafforzano ancora una volta il legame tra contesto e azione, dando inoltre a Tanovic la possibilità di utilizzare l’immagine in modo espressivo e ricordando la sua presenza in quanto autore. Camera rigorosamente a mano, digitale sporco, scelte estetiche ridotte all’essenziale, tutti gli stilemi del genere sono evidentemente presenti, ma l’approccio è naturalistico più nella forma che nel senso complessivo del film, che alla fine conquista un retrogusto fiabesco, quasi allegorico.
La vicenda "dell’iron picker" diventa quindi la storia di un uomo comune, stretto nella morsa della burocrazia, che, mosso dalla contingenza, cerca con tutte le forze di crearsi un’alternativa in un mondo pervaso da un senso di inesorabilità. Le ciminiere delle raffinerie, i grandi edifici delle fabbriche ma anche le distese bianca di neve, sembrano creare una barriera tra l’uomo e il resto del mondo, circoscrivendone le possibilità d’azione. Ed è qui che interviene il sentimento, quello che intercorre tra l’operaio e la moglie, e che rappresenta un vuoto da riempire e un’occasione di affermazione ed espressione della propria umanità.

La frase:
"It was better during the war".

a cura di Stefano La Rosa

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